Coordinamento Servizi Informatici Bibliotecari di Ateneo  
Università degli Studi di Lecce

IV SEMINARIO
SISTEMA INFORMATIVO NAZIONALE PER LA MATEMATICA
SINM 2000 : un modello di sistema informativo nazionale per aree disciplinari
Lecce, Lunedì 2 ottobre 2000, ore 16.25

PAOLA GARGIULO
La disintermediazione nella comunicazione scientifica: l'autore, editore di se stesso?
[Slides PowerPoint]


  Abstract

La circolazione, distribuzione e archiviazione dell'informazione scientifica si è arricchita di enormi potenzialità grazie agli sviluppi della tecnologia dell'informazione e delle comunicazioni: riduzione dei  tempi di pubblicazione, rapidità di circolazione, possibilità di integrare i propri contributi con materiale multimediale e ipertestuale, nuovi formati di visualizzazione, nuovi standard per l'identificazione univoca dei documenti; il tutto  a costi relativamente  contenuti. Ma soprattutto la possibilità di  pubblicare senza dipendere necessariamente da un editore commerciale.
Tutte queste possibilità, per diverse ragioni, sono ancora poco utilizzate dagli autori e dagli  scienziati, ad eccezione di poche discipline.
Questa relazione intende esporre brevemente le ragioni di tale ritardo, le difficoltà di natura diversa che lo causano, ma nel medesimo tempo presentare iniziative e soluzioni mirate a rimuovere alcune dielle cause, contribuendo a realizzare questo cambiamento epocale in nome della libertà e dell'efficacia della circolazione della comunicazione scientifica.

  Parole chiave: comunicazione scientifica, diritto díautore, self-archiving, archivi elettronici pubblici,  periodici elettronici


  Premessa

Il sistema della circolazione e della distribuzione dell'infomazione scientifica, dominato negli ultimi 15 anni da pochi e potenti editori commerciali, è afflitto dalle loro politiche di prezzi predatorie e dalle conseguenze dei perversi meccanismi del ìpublish or perishî e dellíImpact Factor.

Líavvento dellíera elettronica e gli sviluppi della tecnologia dellíinformazione e delle comunicazioni (ITC), hanno aperto alla comunità scientifica la possibilità non solo di far circolare liberamente la comunicazione scientifica (1) liberandola dalla massiccia dipendenza degli editori commerciali, ma anche di arricchirla di nuovi strumenti e  nuove funzionalità :

La tecnologia dell'informazione, sempre più orientata allíutente finale, mette in grado líautore scientifico di "autopubblicarsi" e rendere così accessibile gratuitamente in rete un suo contributo e informarne la comunità dei "pari" nel giro di pochi secondi.(2)

Tutto questo è tecnologicamente possibile.

Ci sono diversi scienziati come Stevan Harnad o come il matematico Andrew Odlyzko, per esempio, che s'impegnano da anni nel sensibilizzare i loro colleghi sulle conseguenze perniciose dei costi sempre più alti delle pubblicazioni scientifiche periodiche commerciali, nonché sugli effetti negativi che le restrittive politiche di accesso degli editori hanno sulla circolazione e la diffusione della conoscenza scientifica. Costoro propongono soluzioni che vedano gli scienziati coinvolti in prima persona nel contribuire alla libertà della circolazione dellíinformazione scientifica.(3)

Negli USA si è già costituita SPARC, Scholarly Publishing Academic Research Coalition, che affronta queste tematiche e propone nuove soluzioni e iniziative e in Europa esiste un sito  che si occupa di sensibilizzare gli autori su queste problematiche ìCampaign for the Freedom of Distribution of Scientific Workî. (4)

Si stanno facendo notevoli passi avanti in questo senso, ma molto lentamente, perché molti scienziati - ad eccezione dei fisici, dei matematici in parte dei chimici ed ora anche di alcuni  scienziati biomedici - sono piuttosto restii ad abbracciare il nuovo, e rallentano uníevoluzione obiettivmente inevitabile, i cui costi potrebbero essere più bassi sin da oggi, e di cui tutta la comunità si avvantaggerebbe se ci fossero maggiore sensibilità e apertura all'era del dopo-Gutenberg.
 

  La disintermediazione e i suoi problemi

In pratica, il passaggio ad una archiviazione e ad una circolazione dellíinformazione scientifica elettronica non  dipendente dallíeditoria commerciale è irto di ostacoli, dovuti

Modificare l'attuale sistema di comunicazione scientifica, infatti, significa sì mettere in discussione e ripensare l'attuale titolarità del diritto d'autore, il peer review, gli stessi criteri per la valutazione scientifica per l'avanzamento delle carriere e per l'accesso ai finanziamenti, ma significa anche riprendere il controllo sul sistema da parte delle istituzioni accademiche e di ricerca e anche da parte degli autori, e partecipare non solo alla creazione dei contenuti,  ma anche alla produzione e alla circolazione delle pubblicazioni scientifiche, per riequilibrare un mercato che è ormai in un regime di quasi monopolio da parte di pochi editori commerciali.

Non vanno certo sottovalutate le nuove  problematiche che la comunicazione elettronica.presenta, dall'autenticazione per proteggere e certificare gli accessi, alla definizione di una pubblicazione elettronica, allíarchiviazione permanente, al recupero, all'indicizzazione, all'integrazione dinamica delle fonti primarie e secondarie e di link dinamici delle citazioni.

Benché entrambe le tipologie di problemi (quella relativa alle resistenze al nuovo sistema di comunicazione e quellla relativa all'era del dopo-Gutenberg) siano superabili, bisogna riconoscere che mentre gli aspetti relativi alla seconda presentano delle difficoltà che la tecnologia tende a risolvere rapidamente, quelli riguardanti la prima  sono di più difficile risoluzione perché sono di natura politica, culturale, commerciale e legale.


  Per un nuovo sistema di comunicazione scientifica

Se  un autore, oggi, decide di mettere in rete e di sottoporre al giudizio della comunità dei "pari"  un suo contributo, ha di fronte diverse possibilità.

Se vuol far circolare subito il documento,

Nel medesimo tempo intende però sottoporre il contributo ad una rivista Le ragioni per quali il nostro autore intende sottoporre il contributo alla rivista prestigiosa sono dovute in maniera sempre più crescente, come risulta da un'indagine fatta in Gran Bretagna dall'ALPSP (6), dalle pressione a pubblicare il numero più alto di articoli per avanzare nella carriera, e per ottenere finanziamenti alla ricerca.

Se la comunicazione, lo scambio, l'avanzamento della scienza e il prestigio sono ancora le ragioni principali per pubblicare, queste stesse motivazioni sono sempre più incrinate da necessità di carriera, di potere. Sono queste ultime necessità che fanno il gioco degli editori commerciali. Va, inoltre, ricordato che gli autori non percepiscono nulla per la pubblicazione dell'articolo sulla rivista scientifica e anzi, in alcuni casi, pagano per avere l'articolo pubblicato.

Il  nostro autore, se non è un fisico o un matematico o un chimico, oggi potrebbe avere difficoltà a poter lasciare il proprio contributo sull'archivio elettronico ad accesso gratuito perché l'editore, probabilmente commerciale,  potrebbe negargli tale opportunità. L'editore può richiedere infatti come conditio sine qua non per la pubblicazione  che il contributo non sia mai apparso come pre print e/o che durante il periodo in cui il contributo è sottoposto al peer reviewing  non sia disponibile su alcun archivio elettronico pubblico. (7)

Accadrà pertanto che, una volta pubblicato, l'articolo sarà accessibile in formato elettronico solo a pagamento dal sito dell'editore o di eventuali aggregatori commerciali, e che gli studiosi, studenti, ricercatori interessati a leggerlo saranno obbligati a pagare.

Ma il panorama è ben più complesso un questo momento.

All'interno di alcune discipline questo articolo, refereed, pubblicato da un editore non commerciale (questi ultimi possono essere società professionali, nuove figure editoriali nate dalle collaborazioni di università, società professionali e qualche editore commerciale) - ma in pochi casi anche da editori commerciali - potrebbe già essere facilmente disponbile anche su archivio elettronico pubblico.

Per mostrare la complessità della situazione attuale, abbiamo preparato un breve quadro sinottico.
 
Tipo di editore
Tipo di accessibilità elettronica
Editore A
gratuitamente sul server dell'editore o degli aggregatori commerciali, se si è abbonati alla versione cartacea.
Editore B*
a pagamento sul server dell'editore o di aggregatori commerciali (l'editore non accetta di pubblicare l'articolo se è già apparso come preprint)
Editore C*
a pagamento sul server dell'editore o di aggregatori commerciali sull'archivio elettronico pubblico è presente il preprint**
Editore D*
a pagamento sul server dell'editore o di aggregatori commerciali sull'archivio elettronico pubblico è presente sia il preprint sia il final draft 
Editore E*
a pagamento sul server dell'editore o di aggregatori commerciali sull'archivio elettronico pubblico è presente sia il preprint sia il final draft  sul server dell'istituzione di appartenenza dell'autore, accessibile  in modalità Internet o Intranet oppure  sulle  pagine web personali dell'autore

*
Oggi la maggior parte degli edtitori scientifici vende in abbonamento sia la versione cartacea sia la versione elettronica. La versione elettronica costa mediamente un 7,5 %  sul prezzo dell'abbonamento cartaceo se si acquistano entrambi. Un numero crescente di editori vende l'abbonamento anche alla sola versione elettronica, il cui prezzo è leggermente inferiore rispetto a quello cartaceo.
Esistono, inoltre, nuove riviste scientifiche nate elettronicamente e non disponibili in versione cartacea; sono ancora poche, ma sono in crescita.
Vi sono poi riviste nuove nate dalla collaborazione di universtià, società professionali - vedi il caso di Highwire - i cui prezzi sono ben più contenuti di quelli di un editore commerciale a parità di valore aggiunto, se non anche superiore. (8)

**
Scienziati come Stevan Harnad suggeriscono agli autori, il cui editore impedisce di mettere a disposizione del pubblico il final draft ma solo il pre-print, di allegare al preprint un documento contenente le modifiche apportate nel processo di produzione del final draft.(9)

La politica di molti editori commerciali rispetto alla messa in rete su archivi pubblici elettronici di contributi sottoposti alle loro riviste, varia da  disciplina a disciplina. Come si diceva nel caso della fisica e della matematica,  le politche di editori commerciali sono meno restrittive e vessatorie e tendono ad adeguarsi a quelle adottate dalle società scientifiche ben più liberali; nelle altre discipline, dipende da testata a testata, e questo in parte è dovuto al peso dei comitati editoriali delle suddette riviste, nell'influenzare le decisioni degli editori.

Non vogliamo fare delle ingiuste generalizzazioni nei confronti dei diversi editori commerciali, ma  bisogna riconoscere che alcuni editori sono ancora su posizioni molto rigide, forse non per molto tempo.

Dobbiamo ammettere che oggi la situazione, in questa fase di transizione, è  molto confusa e soggetta a cambiamenti costanti, creando non pochi problemi per i bibliotecari/documentalisti che nelle biblioteche universitarie e nei centri di ricerca seguono questo settore, affannandosi a trovare le soluzioni migliori per soddisfare i bisogni d'informazione dei propri utenti a costi contenuti.

E gli stessi utenti finali necessitano, a maggior ragione, dell'assistenza e dell'aiuto che questi esperti del settore possono dare, utilizzando le ultime tecnologie e gli ultimi protocolli ed il loro know-how, nell'organizzare l'accesso alle fonti di informazione scientifica primarie e secondarie, e nel creare dinamici "luoghi di conoscenza" qualitativamente validati, per area generali e per aree disciplinari.

Le associazioni di università, di biblioteche, alcune associazioni e società professionali, singoli scienziati, stanno esercitando notevoli pressioni per impedire che la circolazione e la disseminazione del sapere scientifico, asfitticamente dominato da costi insostenibili per gli enti stessi di ricerca, tradisca le finalità di crescita scientifica, culturale, sociale . E questo è sicuramente un rischio per i paesi e le istiturzioni culturali meno ricche.
 

  I diritti d'autore

Ma perchè l'editore può imporre all'autore delle condizioni così restrittive per la circolazione dell'infomazione scientifica? L'editore  può farlo in virtù di un contratto che l'autore acconsente di firmare, e  nel quale gli viene chiesto di trasferire all'editore i diritti d'autore (come nel caso degli USA e in Gran Bretagna) o di concedere i diritti in licenza (come nel caso di molti paesi europei).

Non entriamo nel merito del dibattito in corso negli USA e in Gran Bretagna, e in misura minore in alcuni paesi europei, se la titolarità del diritto d'autore spetti allo studioso/docente/ricercatore o piuttosto al suo ente di apparternza se il documento pubblicato è stato scritto nel corso dell'attività lavorativa di ricerca (in the course of employment o anche detto work made for hire).

La testi dominante è che in nome della libertà accademica tali diritti devono essere esercitati dagli autori anche se in linea di principio appartengono all'ente di appartenenza che li cede agli autori.

Ma questo dibattito, per ora alquanto assente in ambito universitario italiano, ha sollevato una questione ben più ampia sul ruolo maggiore che gli atenei devono avere nella gestione e nell'organizzazione della comunicazione scientifica, sottraendola ai meccanismi di puro profitto, e di essere gli atenei stessi fautori di iniziative per la creazione di "university presses elettoniche", o gestendo riviste elettroniche scientifiche in collaborazione con le società scientifiche e con editori meno orientati al profitto.

La ritenzione dei diritti d'autore da parte dell'autore è oggetto di notevole dibattito nei paesi anglosassoni; le posizioni sono diverse.(10)

Gli editori giustificano la necessità del trasferimento del copyright (tutela, diritti d'uso) ad essi stessi, per ragioni economiche (in quanto hanno investito nella pubblicazione, nel lavoro editoriale, nel peer reviewing, nei servizi a valore aggiunto) e per l'esperienza che hanno nella protezione del copyright e, in particolare, nel contesto digitale.
Gli editori ritengono inoltre di offrire alcuni vantaggi all'autore: il non assumersi alcuna responsabilità, una maggiore protezione contro il plagio e la pirateria, la  gestione amministrativa dei diritti (è più facile reperire l'editore che non l'autore per richiesta di autorizzazione, traduzione in altre lingue, ecc.).
Va anche detto che alcuni editori hanno posizioni meno rigide e riservano un numero crescente di diritti all'autore.

Le università, i bibliotecari e gli autori  più sensibili a queste tematiche ritengono invece che nell'era elettronica sia necessaria una maggiore flessibilità, e che sia l'autore sia la comunità debbano potersi avvantaggiare delle nuove forme di comunicazione e favorirne lo sviluppo.
Vanno quindi studiati contratti che prevedano la ritenzione dei diritti da parte dell'autore e la concessione di una licenza non esclusiva all'editore, oppure che i diritti siano trasferiti all'editore, ma che l'autore preservi, nel medesimo tempo, alcuni diritti d'uso.

Le indagini effettuate  mostrano che gli autori delle pubblicazioni periodiche scientifiche,  in generale non sono molto sensibili alle problematiche del diritto d'autore, e che non vedono la ragione per la quale  dovrebbero esserlo, dal momento che non c'è nessun ricavo economico da parte loro né se lo aspettano.
Desiderosi di pubblicare, non si fanno molte domande in proposito, e accettano supinamente le condizioni imposte dall'editore.
Nella pratica, poi, gli autori non rispettano i limiti che il contratto impone loro riguardo alla possbilità di riproduzione dei loro articoli; ma ciò poteva essere fatto impunemente nel mondo "papirocentrico": oggi l'utilizzo non autorizzato di una versione elettronica è più controllabile da parte dell'editore.

Facciamo un esempio.

Poniamo che il contratto con l'editore impedisca all'autore di pubblicare l'articolo sul sito del proprio ateneo o di utilizzarlo in formato elettronico per un corso tenuto a distanza. Se l'autore lo fa, l'editore può venire a saperlo  facilmente: si collega con il sito e lo scopre; anche se l'autore facesse utilizzare username e password per consentire un accesso riservato, l'editore potrebbe contestargli che era necessaria una sua autorizzazione.

Chiedere autorizzazioni richiede tempo, comporta dei costi, anche se non sempre economici, di tempo, di lavoro amministrativo ecc. Per questa ragione, si ritiene che alcuni diritti d'uso siano trasferiti all'autore per permettere  il "repurposing" e usi futuri del materiale (per ora neanche prevedibili) senza ulteriori costi aggiuntivi.
D'altronde, non solo la ricerca ma anche la didattica, sempre più massicciamente, integreranno in futuro, nella loro attività, materiale di diversi formati elettronici ipermediali, per cui la protezione del diritto d'autore andrà sì rispettata ma non a detrimento di queste attività, pena un impoverimento scientifico e culturale.

Ma l'autore, desideroso di pubblicare il suo articolo, può negoziare da solo con l'editore le condizioni relative al diritto d'autore ed avere successo? Certamente no; ma se più autori  inizieranno a chiedere le medesime condizioni, e se le società scientifiche, gli enti di appartenenza degli autori prenderanno posizione, le cose incominceranno a cambiare.

La situazione del mercato editoriale può essere resa più competitiva, e quindi più contenuta nei costi, attraverso la presenza, accanto agli editori commmerciali, di iniziative editoriali elettroniche nate dalla collaborazione di istituzioni non a fini di lucro come atenei, società professionali ecc, come lo dimostrano già alcune esperienze concrete (11)

La questione del diritto d'autore può, quindi, essere affrontata e modificata con l'appoggio delle università, delle conferenze dei rettori, ecc.
 

  Publish or Perish

L'altra questione che ostacola il mutamento nel sistema della comunicazione scientifca, è quella relativa  ai meccanismi  perversi del "publish or perish" e dell'impact factor.  Anch'essa  può essere modificata da scelte che l'accademia può fare: in Gran Bretagna (attraverso i Research Assessment Exercises) e negli USA (grazie alle posizioni assunte da diversi enti accademici e di ricerca) i criteri di valutazione per l'assegnazione dei fondi di ricerca (in Gran Bretagna) e per l'avanzamento di carriera (negli Stati Uniti) non vengono più  basati sulla quantità delle pubblicazioni bensì sulla qualità di pochi contributi ritenuti dall'autore stesso rilevanti come contributi nello sviluppo di quella disciplina. (12)

Queste posizioni avranno nel giro di pochi anni notevoli conseguenze nel ridurre il peso dell'Impact Factor, nella dimunizione del numero di riviste sempre più specializzate - a tiratura bassisisma e a prezzo di abbonamento altissimo e che in alcuni casi non sono che duplicati di riviste già esistenti - alla cui crescita esponenziale  abbiamo assisito nell'ultima decade, nonché nella riduzioni dei costi di produzione delle riviste stesse.

Contributi, infatti, ritenuti dagli autori poco rilevanti, potranno essere disponibili in rete su archivi elettronici per la comunità scientifica, validati scientificamente  e sottoposti al peer reviewing, ma senza essere pubblicati in versione cartacea.

La possibilità che il proprio contributo possa essere sottoposto al guidizio critico dei pari e, dopo aver superato questo giudizio, sia disponibile in rete su archivio elettronico senza necessariamente essere pubblicato da un editore scientifico commerciale, e quindi essere considerata una pubblicazione scientifica a  tutti gli effetti  ai fini dell'avanzamento di carriera o per l'assegnazione di fondi di ricerca, è stata affermata alcuni anni fa negli Stati Uniti dall'Association of American Universities per favorire forme alternative della comunicazione scientifica  e spingere gli autori a parteciparvi.
 

  La validazione qualitativa e scientifica

La comunicazione scientifica anche nell'era digitale, - e forse ancor di più in essa, dove è facile mettere in rete e diffondere pure fandonie al mondo intero - richiede che l'informazione sia qualitivamente e scientificamente validata.

D'altronde, il processo del peer reviewing può essere gestito elettronicamente, e a coloro che esprimono il timore che periodici scientifci elettronici, non di proprietà di solidi editori o di società professionali, possono pubblicare, senza alcuna validazione scientifica e qualitativa, contributi che non rispondono a criteri di scientificità bensì a interessi economici o finanziari di alcuni gruppi di potere, bisogna rispondere che non è nell'interesse della comunicazione scientifica non validare e non filtrare.

Il citato Stevan Harnad sostiene che:

«Peer review is a quality-control and certification (QC/C) filter necessitated by the vast scale of leraned research today. Without it, no one would know where to start reading in the welter of new work reported every day, nor what is worth reading, and believing and trying to build one's own research upon.» (13)
Il peer review è ritenuto quanto mai necessario per scremare, tra il mare di nuovi lavori disponibili ogni giorno, quelli degni di essere letti, degni di fiducia e a partire dai quali procedere nella propria ricerca.

La tecnologia aiuta  a gestire il peer review tradizionale riducendone i tempi, ma nel medesimo tempo favorisce la nascita di nuove forme di peer reviewing, più aperte, in cui  accanto al vaglio critico di pochi individui c'è quello dell'intera comunità scientifica. (14)
Nell'indagine  già citata, condotta dall'ALPSP, il 55 % degli autori che hanno risposto al questionario dà del "giudizio dei pari" una valutazione negativa  a causa dei suoi tempi lunghi, della superficialità o ingiustificata ostilità dei giudizi. (15)

Queste nuove iniziative editoriali, che vedono università e società professionali come nuovi editori nell'ambito del "not for profit" (e non  solo in quanto siano anche gestori di archivi elettronici di preprint e di grossi progetti di digitalizzazione di collezioni  monografiche e di periodici), devono sicuramente affrontare un lavoro che  finora è stato svolto con professionalità dagli editori commerciali: il peer reviewing  è infatti un' attività laboriosa dal punto di vista amministrativo, organizzativo, e nella quale gli editori hanno una consolidata esperienza.

Alcuni ritengono che gli editori commerciali dovrebbero ancora svolgere queste attività ed essere pagati dalle università, mentre la pubblicazione definitiva dell'articolo (final draft) dovrebbe essere disponbile sull'archivio elettronico pubblico gestito dall'università o da un altro ente not for profit.
In effetti, sono già in corso collaborazioni tra istituzioni not for profit ed editori commerciali, e questi ultimi si occupano di ciò che a loro compete (lavoro di editing, peer reviewing, marketing).
 

  La sfida dell'era del dopo-Gutenberg

La versione di un contributo in formato elettronico non è la semplice trasposizione da un supporto, la carta, all'altro, il digitale, anche quando l'articolo si arrichisce in minima parte di tutte le nuove funzionalità (ipertestualità, integrazione di formati multimediali diversi, ecc.), ma diventa qualcosa di altro e di diverso, che appartiene ad una nuova era che presenta nuove prospettive e nuove problematiche.

Una volta messo in rete il documento ospitato su un server, inizia l'iter per la certificazione scientifica e qualitativa  e, nel medesimo tempo, è allora che il contributo incomincia a subire una serie di trattamenti che ne garantiscono l'accesso, la recuperabilità e la permanenza sulla rete.

Tutte queste attività vengono svolte da specialisti informatici e dell'informazione-documentazione e vanno dalla certificazione degli accessi ai fini della sicurezza e della protezione intellettuale del documento, alla catalogazione, all'indicizzazione, e all'assegnazione di un'identificazione univoca: pensiamo infatti, per quest'ultima, agli standard SICI, DOI, per permettere  l'integrazione di link dinamici  alle citazioni bibliografiche, alle fonti secondarie  per garantire che immagini utilizzate o i filmati a cui si rimanda nel contributo, e che sono residenti su un'altra macchina, siano permanentemente  visibili da chi recupera il documento, e infine per usi futuri non ancora pensabili.

Questo trattamento sui documenti/articoli viene svolto egregiamente dagli editori e dai produttori di fonti secondarie e costituisce quel valore aggiunto che distingue i loro prodotti e per i quali si fanno pagare salatamente.
Al contrario, non tutti i server di preprint, in particolare agli inizi, hanno visto il contributo di esperti dell'informazione nel trattamento dei documenti, creando problemi notevoli sulla loro recuperabilità e sulla mancanza di collegamenti tra le versioni superate, oppure fra il preprint e la pubblicazione definitiva, fra l'articolo e le fonti secondarie. (16)

Certamente, le finalità dei primi ideatori dei preprint erano quelle di mettere a disposizione della comunità contributi
scientifici non appena questi fossero pronti per essere sottoposti al giudizio dei colleghi, certamente ovviando ai tempi lunghi della pubblicazione definitiva, ma senza considerare - o senza sapere - che un documento elettronico richiede un'attenta e puntuale gestione in ogni suo stadio, altrimenti si rischia la disinformazione, quando non il caos dell'informazione.

Questo trattamento del documento è indispensabile ed è anche costoso; è pur vero, però che le esperienze estere hanno dimostrato che alcune università (con le loro infrastrutture hardware e software e le loro competenze e il personale professionale delle loro biblioteche) e le società professionali (con la loro esperienza nell'ambito editoriale), anche con il contributo di qualche editore, sono riusciti a portare avanti iniziative di questo genere.
E' solo  l'inizio, ma è promettente. Anche in Italia si incominciano a vedere esperienze del genere a Firenze, a Lecce, con la nascita di university press elettroniche italiane, ma si tratta, a differenza degli altri paesi, di iniziative eccellenti ma singole, dietro le quali manca ancora una coordinata politica nazionale che si preoccupi del futuro della ricerca e della sua diffusione in Italia e all'estero.

Un contributo elettronico in attesa di diventare una pubblicazione definitiva, oppure un contributo elettronico non accettato ma che rimane disponibile in rete, in attesa di essere giudicato dalla comunità per essere considerato "una pubblicazione elettronica", deve possedere caratteristiche certe e assai chiaramente definite nella letteratura professionale dell'informazione-documentazione.

E' in corso un dibattito sulla definizione di "pubblicazione elettronica" nella comunicazione scientifica; non è suffiicente, a definire una pubblicazione scientifica, un documento messo in rete e reso disponbile alla comuntià dei pari: per essere tale deve avere delle caratteristiche in parte comuni al suo equivalente cartaceo (registrazione su supporto durevole, validazione scientifica e qualitativa, fissità della forma) e, in parte, caratteristiche peculiari al materiale elettronico (permanenza, immutabilità, accessibilità e recuperabilità nel tempo, controllo della versione, autenticazione e protezione delle versioni da eventuali cambiamenti). Inoltre vengono fatte distinzioni tra la prima pubblicazione  (in attesa di validazione e accettazione) e la pubblicazione definitiva (validata scientificamente) che rispettivamente devono essere fornite di  particolari specifiche tipiche. (17)

Viene richiesto che la prima pubblicazione, ad esempio, sia dotata di:

e che quella definitiva sia dotata di: L'archiviazione permanente, poi, è un altro problema, tipico di questa nuova era, al quale non si è in ancora grado di dare una risposta definitiva e di fronte al quale, per ora, l'unico approccio corretto e meno dispendioso pare sia quello di produrre  i documenti  secondo formati e standard che ne permettano la costante ricoversione a costi contenuti.

Viene, inoltre, discussa la creazione di grossi archivi elettronici distributi, residenti presso grandi università o centri di ricerca o di calcolo, o grandi biblioteche nazionali, per garantire l'accesso permanente a milioni di articoli che potrebbero non essere pù disponibili presso i server degli editori commerciali tra un certo numero di anni. Questa è, per esempio, una delle attività condotte dal CASPUR nell'esecuzione del contratto con alcuni editori per l'accesso a riviste elettroniche a testo pieno.
 

  Conclusioni

L'era elettronica facilita la comunicazione scientifica diretta, ma la comunicazione scientifica è un sistema complesso che non può che avvantaggiarsi del nuovo. Per fare ciò, deve affrontare alcuni cambiamenti strutturali.
Siamo alla vigilia di una grande e inedita rivoluzione nel mondo dell'informazione. Gli autori, le università, i centri di ricerca, le società professionali, le biblioteche, gli editori commerciali, tutti coloro che ne sono coinvolti  devono esserne coscienti, e contribuire al suo successo in nome della libertà e dell'indipendenza scientifica.
 

--------------------------------------------

Note

1 - La comunicazione scientifica intesa come  contribuito allo sviluppo della conoscenza,  condivisione del   sapere con i propri colleghi, innovazione nella disciplina con il proprio contributo, costruzione della  propria reputazione e avanzamento  nella carriera accademica pubblicando su riviste sottoposte al giudizio critico dei pari.

2 - Tra i motivi per cui gli autori resistono ad usare nuove tecnologie, c'è la scarsa familiarità con i calcolatori ed i loro programmi e la resistenza ad acquisirla; grazie ad una tecnologia sempre più orientata all'utente finale e alla maggiore alfabetizzazione informatica, questo problema sarà sempre meno rilevante. Inoltre anche le soluzioni di self-archiving prevedono la sinergia di diverse professionalità: è vero che all'autore viene richiesto di sottoporre i contributi secondo certi formati, di fornire una catalogazione e un 'indicizzazione minima del contributo (parole chiave, codici di sistemi di classificazione, adesso anche metatags, ecc;) ma gli vengono anche date istruzioni in rete su come procedere nel produrre, inviare, archiviare il materiale. L'autore viene direttamente  assistito via rete in caso di difficoltà; intanto informatici e specialisti dell'informazione  si occupano di svolgere tutte le attività di  autenticazione, manutenzione,  organizzazione, gestione, indicizzazione, validazione, sviluppo per permettere ai vari documenti residenti nell'archivio di costituire un dinamico luogo di conoscenza.

3 - Gli innummervoli articoli di Stevan Harnad sulla comunicazione scientifica e le pubblicazioni elettroniche sono disponibili sull'archivio elettronico "Copgprint" <http://cogsci.soton.ac.uk/~ harnad/intpub.html> e quelli di  Andrew Odlyzko sulla sue pagine web personali:  <http://www.research.att. com/~amo/doc/eworld.html >

4 - SPARC -Scholarly Publishing and Academic Research Coalition
<http://www.arl.org/sparc>
"Campaign for the Freedom of Distribution of Scientific Work"  è il sito web di un gruppo  di scienziati provenienti da diverse discipline  istituito per di sensibilizzazione tra gli scienziati sulla libertà di distribuzione dei lavori scientifici. Il sito fornisce informazioni sulle novità nell'ambito del diritto d'autore, relativamente ai contratti con gli editori. Invita  i  colleghi a prendere coscienza del problema e a rifiutarsi di firmare contratti che impediscono la circolazione gratutita dei lavori scientifici per scopi didattici e di ricerca; si rivolge alle università perché richiedano che i lavori dei propri docenti/ricercatori siano accessibili  gratuitamente sui server dell'università. Inoltre suggerisce alle istituzioni di fare  a loro volta pressione sui propri dipendenti perché non firmino contratti  che rendono l'accesso troppo restrittivo.
<http://ethology.zool.su.se/freesc ience/>

5 - Open Archive Initiatives <http://www.openarchives.org>

6 - Ricerca curata dallíALPSP (Association of Learned and Society Publishers) dal titolo "What authors want: The ALPSP research study on the motivations and concerns of contributors to learned journals", del  1999 < http://www.alpsp.org.uk/pubs.htm>

7 - In questo contesto archivio pubblico viene inteso nel senso di  archivio gestito da un'isituzione non a scopo di lucro, accessibile gratuitamente o a un costo minimo, ma per accedere al quale è richiesta comunque una registrazione dell'utente per garantire un'autenticazione degli accessi ed una protezione del lavori archiviati.

8 - http://intl.highwire.org/

9 - Stevan Harnad, <http://cogsci.soton.ac.uk/~ harnad/intpub.html>

10 -  Scott Bennett, Authors' right, "The Journal of Electronic Publishing", 5(1999)
2 <http://www.press.umich. edu/jep/05-02/bennett.html>;
Scott Bennett, "Position paper on Yale University copyright policy"  <http://www.library.yal e.edu/~llicense/bennett.html>;
Stanley Chodorow, The Faculty, the University, and Intellectual property, "The Journal of Electronic Publishing", 3 (March 1998) <http://www.press.umich .edu/jep/03-03/chodorow.html>;
P. Bernt Hugenholtz, Copyright vs. freedom of scientifc communication, "Learned Publishing",13, (2000),2, 77-81 <http://www.alpsp.org.uk/volcont.htm>
D.G. Law, R.L. Weedon, M.R.Sheen, Universities and article copyright, "Learned Publishing", 13, (2000), 3, pp.141-150 <http://www.alpsp.org.uk/volcont.htm>
William Strong, Copyright in time of change, "The Journal of Electronic Publishing", 4 (1999) 3, <http://www.press.umich.e du/jep/04-03/strong.html>

11 - Come ad esempio BiONE,  uníiniziativa che prevede la partecipazione da parte di istituzioni pubbliche e di privati nello sviluppo di una base di dati a testo completo comprendente un aggregato di riviste scientifiche nellíambito delle scienze biologiche, dellíambiente e dellíecologia. <http://www.arl.org/sparc/biol/w hatis.html>

12 - Per informazionsi su RAE: < http://www.rae.ac.uk/AboutUs/def ault.htm >
La rivista Policy Perspectives ha dedicato al tema una parte del saggio ìTo publish or to perishî, Policy Perspectives, vol. 7, n. 4, March 1998. Alla stesura di questo documento hanno contribuito líAssociation of Research Libraries, LíAssociation of American Universities e la Peer Higher Education Round Table.
<http://www.arl.org/scomm/pew/p ewrept.html.>

13 -  Stevan Harnad, Free at last: the future of peer-reviewed journals, "D-lib Magazine" 5 (1999) 12, <http://www.dlib.org/dli b/december99/12harnad.html>  

14 - Un esempio del  "giudizio dei pari" gestito elettronicamente e quindi con una riduzione dei tempi è quello del Jounal of High Energy Physics della  IOP/SISSA http://www.ioppubli shing.com/Journals/nfa/node84.html   una delle prime riviste a gestire attraverso posta eletronica il processo del peer review in cui  l'assegnazione delle revisione degli articoli  viene affidata elettronicamente  tramite un software  sulla base di parole chiave; durante tutto il processo editoriale, gli autori, i redattori e i referees hanno accesso agli articoli in tempo reale.
E' inoltre  interessante vedere la filosofia del nuovo archvio di e-print nell'ambito biomedico PubMedCental e delle sue posizioni
< http/pubmedcentral.nih.gov>

15 - Ricerca curata dallíALPSP (Association of Learned and Society Publishers) dal titolo "What authors want: The ALPSP research study on the motivations and concerns of contributors to learned journals", del  1999 < http://www.alpsp.org.uk/pubs.htm>

16 - Antonella De Robbio, Evoluzione e rivoluzione dei periodici elettronici, "Bibliotime.Rivista elettronica per le biblioteche", 3 (2000) 1, < http://spbo.unibo. it/bibliotime/num-iii-1/derobbio.htm>  

17 - A questo proposito consultare la proposta: " Defining and certifying electronic publication in science. A proposal to the International Association of STM Publishers. Originally drafted October 1999, revised March and June/July 2000", prepared by an Interanational Working Group
< http://www.aaa s.org/spp/dspp/sfrl/projects/epub/define.htm >

 

Dott.ssa Paola Gargiulo
CASPUR (Consorzio Interuniversitario per le Applicazioni di Supercalcolo per Università e Ricerca)

c/o CICS Universita' di Roma "La Sapienza" Piazzale Aldo Moro 5 00185 ROMA
Telefax 06-4957083, e-mail: gargiulo@caspur.it


Programma IV SINM
Seminari SINM
Home Page SINM
Home Page SIBA