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Coordinamento Servizi Informatici Bibliotecari di Ateneo | |
Università degli Studi di Lecce |
PAOLA
GARGIULO
La
disintermediazione nella comunicazione scientifica:
l'autore, editore di se stesso?
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PowerPoint]
Parole
chiave: comunicazione scientifica, diritto díautore, self-archiving, archivi
elettronici pubblici, periodici elettronici
Il sistema della circolazione e della distribuzione dell'infomazione scientifica, dominato negli ultimi 15 anni da pochi e potenti editori commerciali, è afflitto dalle loro politiche di prezzi predatorie e dalle conseguenze dei perversi meccanismi del ìpublish or perishî e dellíImpact Factor.
Líavvento dellíera elettronica e gli sviluppi della tecnologia dellíinformazione e delle comunicazioni (ITC), hanno aperto alla comunità scientifica la possibilità non solo di far circolare liberamente la comunicazione scientifica (1) liberandola dalla massiccia dipendenza degli editori commerciali, ma anche di arricchirla di nuovi strumenti e nuove funzionalità :
Tutto questo è tecnologicamente possibile.
Ci sono diversi scienziati come Stevan Harnad o come il matematico Andrew Odlyzko, per esempio, che s'impegnano da anni nel sensibilizzare i loro colleghi sulle conseguenze perniciose dei costi sempre più alti delle pubblicazioni scientifiche periodiche commerciali, nonché sugli effetti negativi che le restrittive politiche di accesso degli editori hanno sulla circolazione e la diffusione della conoscenza scientifica. Costoro propongono soluzioni che vedano gli scienziati coinvolti in prima persona nel contribuire alla libertà della circolazione dellíinformazione scientifica.(3)
Negli USA si è già costituita SPARC, Scholarly Publishing Academic Research Coalition, che affronta queste tematiche e propone nuove soluzioni e iniziative e in Europa esiste un sito che si occupa di sensibilizzare gli autori su queste problematiche ìCampaign for the Freedom of Distribution of Scientific Workî. (4)
Si stanno facendo
notevoli passi avanti in questo senso, ma molto lentamente, perché molti
scienziati - ad eccezione dei fisici, dei matematici in parte dei chimici ed
ora anche di alcuni scienziati biomedici - sono piuttosto restii ad abbracciare
il nuovo, e rallentano uníevoluzione obiettivmente inevitabile, i cui costi
potrebbero essere più bassi sin da oggi, e di cui tutta la comunità
si avvantaggerebbe se ci fossero maggiore sensibilità e apertura all'era
del dopo-Gutenberg.
La disintermediazione e i suoi problemi
In pratica, il passaggio ad una archiviazione e ad una circolazione dellíinformazione scientifica elettronica non dipendente dallíeditoria commerciale è irto di ostacoli, dovuti
Non vanno certo sottovalutate le nuove problematiche che la comunicazione elettronica.presenta, dall'autenticazione per proteggere e certificare gli accessi, alla definizione di una pubblicazione elettronica, allíarchiviazione permanente, al recupero, all'indicizzazione, all'integrazione dinamica delle fonti primarie e secondarie e di link dinamici delle citazioni.
Benché entrambe le tipologie di problemi (quella relativa alle resistenze al nuovo sistema di comunicazione e quellla relativa all'era del dopo-Gutenberg) siano superabili, bisogna riconoscere che mentre gli aspetti relativi alla seconda presentano delle difficoltà che la tecnologia tende a risolvere rapidamente, quelli riguardanti la prima sono di più difficile risoluzione perché sono di natura politica, culturale, commerciale e legale.
Per
un nuovo sistema di comunicazione scientifica
Se un autore, oggi, decide di mettere in rete e di sottoporre al giudizio della comunità dei "pari" un suo contributo, ha di fronte diverse possibilità.
Se vuol far circolare subito il documento,
Se la comunicazione, lo scambio, l'avanzamento della scienza e il prestigio sono ancora le ragioni principali per pubblicare, queste stesse motivazioni sono sempre più incrinate da necessità di carriera, di potere. Sono queste ultime necessità che fanno il gioco degli editori commerciali. Va, inoltre, ricordato che gli autori non percepiscono nulla per la pubblicazione dell'articolo sulla rivista scientifica e anzi, in alcuni casi, pagano per avere l'articolo pubblicato.
Il nostro autore, se non è un fisico o un matematico o un chimico, oggi potrebbe avere difficoltà a poter lasciare il proprio contributo sull'archivio elettronico ad accesso gratuito perché l'editore, probabilmente commerciale, potrebbe negargli tale opportunità. L'editore può richiedere infatti come conditio sine qua non per la pubblicazione che il contributo non sia mai apparso come pre print e/o che durante il periodo in cui il contributo è sottoposto al peer reviewing non sia disponibile su alcun archivio elettronico pubblico. (7)
Accadrà pertanto che, una volta pubblicato, l'articolo sarà accessibile in formato elettronico solo a pagamento dal sito dell'editore o di eventuali aggregatori commerciali, e che gli studiosi, studenti, ricercatori interessati a leggerlo saranno obbligati a pagare.
Ma il panorama è ben più complesso un questo momento.
All'interno di alcune discipline questo articolo, refereed, pubblicato da un editore non commerciale (questi ultimi possono essere società professionali, nuove figure editoriali nate dalle collaborazioni di università, società professionali e qualche editore commerciale) - ma in pochi casi anche da editori commerciali - potrebbe già essere facilmente disponbile anche su archivio elettronico pubblico.
Per mostrare la
complessità della situazione attuale, abbiamo preparato un breve quadro
sinottico.
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Tipo di accessibilità elettronica | ||
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gratuitamente sul server dell'editore o degli aggregatori commerciali, se si è abbonati alla versione cartacea. | ||
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a pagamento sul server dell'editore o di aggregatori commerciali | (l'editore non accetta di pubblicare l'articolo se è già apparso come preprint) | |
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a pagamento sul server dell'editore o di aggregatori commerciali | sull'archivio elettronico pubblico è presente il preprint** | |
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a pagamento sul server dell'editore o di aggregatori commerciali | sull'archivio elettronico pubblico è presente sia il preprint sia il final draft | |
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a pagamento sul server dell'editore o di aggregatori commerciali | sull'archivio elettronico pubblico è presente sia il preprint sia il final draft | sul server dell'istituzione di appartenenza dell'autore, accessibile in modalità Internet o Intranet oppure sulle pagine web personali dell'autore |
*
Oggi la maggior parte degli edtitori scientifici vende in abbonamento sia la
versione cartacea sia la versione elettronica. La versione elettronica costa
mediamente un 7,5 % sul prezzo dell'abbonamento cartaceo se si acquistano
entrambi. Un numero crescente di editori vende l'abbonamento anche alla sola
versione elettronica, il cui prezzo è leggermente inferiore rispetto
a quello cartaceo.
Esistono, inoltre, nuove riviste scientifiche nate elettronicamente e non disponibili
in versione cartacea; sono ancora poche, ma sono in crescita.
Vi sono poi riviste nuove nate dalla collaborazione di universtià, società
professionali - vedi il caso di Highwire - i cui prezzi sono ben più
contenuti di quelli di un editore commerciale a parità di valore aggiunto,
se non anche superiore. (8)
**
Scienziati come Stevan Harnad suggeriscono agli autori, il cui editore impedisce
di mettere a disposizione del pubblico il final draft ma solo il pre-print,
di allegare al preprint un documento contenente le modifiche apportate nel processo
di produzione del final draft.(9)
La politica di molti editori commerciali rispetto alla messa in rete su archivi pubblici elettronici di contributi sottoposti alle loro riviste, varia da disciplina a disciplina. Come si diceva nel caso della fisica e della matematica, le politche di editori commerciali sono meno restrittive e vessatorie e tendono ad adeguarsi a quelle adottate dalle società scientifiche ben più liberali; nelle altre discipline, dipende da testata a testata, e questo in parte è dovuto al peso dei comitati editoriali delle suddette riviste, nell'influenzare le decisioni degli editori.
Non vogliamo fare delle ingiuste generalizzazioni nei confronti dei diversi editori commerciali, ma bisogna riconoscere che alcuni editori sono ancora su posizioni molto rigide, forse non per molto tempo.
Dobbiamo ammettere che oggi la situazione, in questa fase di transizione, è molto confusa e soggetta a cambiamenti costanti, creando non pochi problemi per i bibliotecari/documentalisti che nelle biblioteche universitarie e nei centri di ricerca seguono questo settore, affannandosi a trovare le soluzioni migliori per soddisfare i bisogni d'informazione dei propri utenti a costi contenuti.
E gli stessi utenti finali necessitano, a maggior ragione, dell'assistenza e dell'aiuto che questi esperti del settore possono dare, utilizzando le ultime tecnologie e gli ultimi protocolli ed il loro know-how, nell'organizzare l'accesso alle fonti di informazione scientifica primarie e secondarie, e nel creare dinamici "luoghi di conoscenza" qualitativamente validati, per area generali e per aree disciplinari.
Le associazioni
di università, di biblioteche, alcune associazioni e società professionali,
singoli scienziati, stanno esercitando notevoli pressioni per impedire che la
circolazione e la disseminazione del sapere scientifico, asfitticamente dominato
da costi insostenibili per gli enti stessi di ricerca, tradisca le finalità
di crescita scientifica, culturale, sociale . E questo è sicuramente
un rischio per i paesi e le istiturzioni culturali meno ricche.
Ma perchè l'editore può imporre all'autore delle condizioni così restrittive per la circolazione dell'infomazione scientifica? L'editore può farlo in virtù di un contratto che l'autore acconsente di firmare, e nel quale gli viene chiesto di trasferire all'editore i diritti d'autore (come nel caso degli USA e in Gran Bretagna) o di concedere i diritti in licenza (come nel caso di molti paesi europei).
Non entriamo nel merito del dibattito in corso negli USA e in Gran Bretagna, e in misura minore in alcuni paesi europei, se la titolarità del diritto d'autore spetti allo studioso/docente/ricercatore o piuttosto al suo ente di apparternza se il documento pubblicato è stato scritto nel corso dell'attività lavorativa di ricerca (in the course of employment o anche detto work made for hire).
La testi dominante è che in nome della libertà accademica tali diritti devono essere esercitati dagli autori anche se in linea di principio appartengono all'ente di appartenenza che li cede agli autori.
Ma questo dibattito, per ora alquanto assente in ambito universitario italiano, ha sollevato una questione ben più ampia sul ruolo maggiore che gli atenei devono avere nella gestione e nell'organizzazione della comunicazione scientifica, sottraendola ai meccanismi di puro profitto, e di essere gli atenei stessi fautori di iniziative per la creazione di "university presses elettoniche", o gestendo riviste elettroniche scientifiche in collaborazione con le società scientifiche e con editori meno orientati al profitto.
La ritenzione dei diritti d'autore da parte dell'autore è oggetto di notevole dibattito nei paesi anglosassoni; le posizioni sono diverse.(10)
Gli editori giustificano
la necessità del trasferimento del copyright (tutela, diritti d'uso)
ad essi stessi, per ragioni economiche (in quanto hanno investito nella pubblicazione,
nel lavoro editoriale, nel peer reviewing, nei servizi a valore aggiunto) e
per l'esperienza che hanno nella protezione del copyright e, in particolare,
nel contesto digitale.
Gli editori ritengono inoltre di offrire alcuni vantaggi all'autore: il non
assumersi alcuna responsabilità, una maggiore protezione contro il plagio
e la pirateria, la gestione amministrativa dei diritti (è più
facile reperire l'editore che non l'autore per richiesta di autorizzazione,
traduzione in altre lingue, ecc.).
Va anche detto che alcuni editori hanno posizioni meno rigide e riservano un
numero crescente di diritti all'autore.
Le università,
i bibliotecari e gli autori più sensibili a queste tematiche ritengono
invece che nell'era elettronica sia necessaria una maggiore flessibilità,
e che sia l'autore sia la comunità debbano potersi avvantaggiare delle
nuove forme di comunicazione e favorirne lo sviluppo.
Vanno quindi studiati contratti che prevedano la ritenzione dei diritti da parte
dell'autore e la concessione di una licenza non esclusiva all'editore, oppure
che i diritti siano trasferiti all'editore, ma che l'autore preservi, nel medesimo
tempo, alcuni diritti d'uso.
Le indagini effettuate
mostrano che gli autori delle pubblicazioni periodiche scientifiche, in
generale non sono molto sensibili alle problematiche del diritto d'autore, e
che non vedono la ragione per la quale dovrebbero esserlo, dal momento
che non c'è nessun ricavo economico da parte loro né se lo aspettano.
Desiderosi di pubblicare, non si fanno molte domande in proposito, e accettano
supinamente le condizioni imposte dall'editore.
Nella pratica, poi, gli autori non rispettano i limiti che il contratto impone
loro riguardo alla possbilità di riproduzione dei loro articoli; ma ciò
poteva essere fatto impunemente nel mondo "papirocentrico": oggi l'utilizzo
non autorizzato di una versione elettronica è più controllabile
da parte dell'editore.
Facciamo un esempio.
Poniamo che il contratto con l'editore impedisca all'autore di pubblicare l'articolo sul sito del proprio ateneo o di utilizzarlo in formato elettronico per un corso tenuto a distanza. Se l'autore lo fa, l'editore può venire a saperlo facilmente: si collega con il sito e lo scopre; anche se l'autore facesse utilizzare username e password per consentire un accesso riservato, l'editore potrebbe contestargli che era necessaria una sua autorizzazione.
Chiedere autorizzazioni
richiede tempo, comporta dei costi, anche se non sempre economici, di tempo,
di lavoro amministrativo ecc. Per questa ragione, si ritiene che alcuni diritti
d'uso siano trasferiti all'autore per permettere il "repurposing" e usi
futuri del materiale (per ora neanche prevedibili) senza ulteriori costi aggiuntivi.
D'altronde, non solo la ricerca ma anche la didattica, sempre più massicciamente,
integreranno in futuro, nella loro attività, materiale di diversi formati
elettronici ipermediali, per cui la protezione del diritto d'autore andrà
sì rispettata ma non a detrimento di queste attività, pena un
impoverimento scientifico e culturale.
Ma l'autore, desideroso di pubblicare il suo articolo, può negoziare da solo con l'editore le condizioni relative al diritto d'autore ed avere successo? Certamente no; ma se più autori inizieranno a chiedere le medesime condizioni, e se le società scientifiche, gli enti di appartenenza degli autori prenderanno posizione, le cose incominceranno a cambiare.
La situazione del mercato editoriale può essere resa più competitiva, e quindi più contenuta nei costi, attraverso la presenza, accanto agli editori commmerciali, di iniziative editoriali elettroniche nate dalla collaborazione di istituzioni non a fini di lucro come atenei, società professionali ecc, come lo dimostrano già alcune esperienze concrete (11)
La questione del
diritto d'autore può, quindi, essere affrontata e modificata con l'appoggio
delle università, delle conferenze dei rettori, ecc.
L'altra questione che ostacola il mutamento nel sistema della comunicazione scientifca, è quella relativa ai meccanismi perversi del "publish or perish" e dell'impact factor. Anch'essa può essere modificata da scelte che l'accademia può fare: in Gran Bretagna (attraverso i Research Assessment Exercises) e negli USA (grazie alle posizioni assunte da diversi enti accademici e di ricerca) i criteri di valutazione per l'assegnazione dei fondi di ricerca (in Gran Bretagna) e per l'avanzamento di carriera (negli Stati Uniti) non vengono più basati sulla quantità delle pubblicazioni bensì sulla qualità di pochi contributi ritenuti dall'autore stesso rilevanti come contributi nello sviluppo di quella disciplina. (12)
Queste posizioni avranno nel giro di pochi anni notevoli conseguenze nel ridurre il peso dell'Impact Factor, nella dimunizione del numero di riviste sempre più specializzate - a tiratura bassisisma e a prezzo di abbonamento altissimo e che in alcuni casi non sono che duplicati di riviste già esistenti - alla cui crescita esponenziale abbiamo assisito nell'ultima decade, nonché nella riduzioni dei costi di produzione delle riviste stesse.
Contributi, infatti, ritenuti dagli autori poco rilevanti, potranno essere disponibili in rete su archivi elettronici per la comunità scientifica, validati scientificamente e sottoposti al peer reviewing, ma senza essere pubblicati in versione cartacea.
La possibilità
che il proprio contributo possa essere sottoposto al guidizio critico dei pari
e, dopo aver superato questo giudizio, sia disponibile in rete su archivio elettronico
senza necessariamente essere pubblicato da un editore scientifico commerciale,
e quindi essere considerata una pubblicazione scientifica a tutti gli
effetti ai fini dell'avanzamento di carriera o per l'assegnazione di fondi
di ricerca, è stata affermata alcuni anni fa negli Stati Uniti dall'Association
of American Universities per favorire forme alternative della comunicazione
scientifica e spingere gli autori a parteciparvi.
La validazione qualitativa e scientifica
La comunicazione scientifica anche nell'era digitale, - e forse ancor di più in essa, dove è facile mettere in rete e diffondere pure fandonie al mondo intero - richiede che l'informazione sia qualitivamente e scientificamente validata.
D'altronde, il processo del peer reviewing può essere gestito elettronicamente, e a coloro che esprimono il timore che periodici scientifci elettronici, non di proprietà di solidi editori o di società professionali, possono pubblicare, senza alcuna validazione scientifica e qualitativa, contributi che non rispondono a criteri di scientificità bensì a interessi economici o finanziari di alcuni gruppi di potere, bisogna rispondere che non è nell'interesse della comunicazione scientifica non validare e non filtrare.
Il citato Stevan Harnad sostiene che:
«Peer review is a quality-control and certification (QC/C) filter necessitated by the vast scale of leraned research today. Without it, no one would know where to start reading in the welter of new work reported every day, nor what is worth reading, and believing and trying to build one's own research upon.» (13)Il peer review è ritenuto quanto mai necessario per scremare, tra il mare di nuovi lavori disponibili ogni giorno, quelli degni di essere letti, degni di fiducia e a partire dai quali procedere nella propria ricerca.
La tecnologia aiuta
a gestire il peer review tradizionale riducendone i tempi, ma nel medesimo tempo
favorisce la nascita di nuove forme di peer reviewing, più aperte, in
cui accanto al vaglio critico di pochi individui c'è quello dell'intera
comunità scientifica. (14)
Nell'indagine già citata, condotta dall'ALPSP, il 55 % degli autori
che hanno risposto al questionario dà del "giudizio dei pari" una valutazione
negativa a causa dei suoi tempi lunghi, della superficialità o
ingiustificata ostilità dei giudizi. (15)
Queste nuove iniziative editoriali, che vedono università e società professionali come nuovi editori nell'ambito del "not for profit" (e non solo in quanto siano anche gestori di archivi elettronici di preprint e di grossi progetti di digitalizzazione di collezioni monografiche e di periodici), devono sicuramente affrontare un lavoro che finora è stato svolto con professionalità dagli editori commerciali: il peer reviewing è infatti un' attività laboriosa dal punto di vista amministrativo, organizzativo, e nella quale gli editori hanno una consolidata esperienza.
Alcuni ritengono
che gli editori commerciali dovrebbero ancora svolgere queste attività
ed essere pagati dalle università, mentre la pubblicazione definitiva
dell'articolo (final draft) dovrebbe essere disponbile sull'archivio elettronico
pubblico gestito dall'università o da un altro ente not for profit.
In effetti, sono già in corso collaborazioni tra istituzioni not for
profit ed editori commerciali, e questi ultimi si occupano di ciò che
a loro compete (lavoro di editing, peer reviewing, marketing).
La sfida dell'era del dopo-Gutenberg
La versione di un contributo in formato elettronico non è la semplice trasposizione da un supporto, la carta, all'altro, il digitale, anche quando l'articolo si arrichisce in minima parte di tutte le nuove funzionalità (ipertestualità, integrazione di formati multimediali diversi, ecc.), ma diventa qualcosa di altro e di diverso, che appartiene ad una nuova era che presenta nuove prospettive e nuove problematiche.
Una volta messo in rete il documento ospitato su un server, inizia l'iter per la certificazione scientifica e qualitativa e, nel medesimo tempo, è allora che il contributo incomincia a subire una serie di trattamenti che ne garantiscono l'accesso, la recuperabilità e la permanenza sulla rete.
Tutte queste attività vengono svolte da specialisti informatici e dell'informazione-documentazione e vanno dalla certificazione degli accessi ai fini della sicurezza e della protezione intellettuale del documento, alla catalogazione, all'indicizzazione, e all'assegnazione di un'identificazione univoca: pensiamo infatti, per quest'ultima, agli standard SICI, DOI, per permettere l'integrazione di link dinamici alle citazioni bibliografiche, alle fonti secondarie per garantire che immagini utilizzate o i filmati a cui si rimanda nel contributo, e che sono residenti su un'altra macchina, siano permanentemente visibili da chi recupera il documento, e infine per usi futuri non ancora pensabili.
Questo trattamento
sui documenti/articoli viene svolto egregiamente dagli editori e dai produttori
di fonti secondarie e costituisce quel valore aggiunto che distingue i loro
prodotti e per i quali si fanno pagare salatamente.
Al contrario, non tutti i server di preprint, in particolare agli inizi, hanno
visto il contributo di esperti dell'informazione nel trattamento dei documenti,
creando problemi notevoli sulla loro recuperabilità e sulla mancanza
di collegamenti tra le versioni superate, oppure fra il preprint e la pubblicazione
definitiva, fra l'articolo e le fonti secondarie. (16)
Certamente, le
finalità dei primi ideatori dei preprint erano quelle di mettere a disposizione
della comunità contributi
scientifici non appena questi fossero pronti per essere sottoposti al giudizio
dei colleghi, certamente ovviando ai tempi lunghi della pubblicazione definitiva,
ma senza considerare - o senza sapere - che un documento elettronico richiede
un'attenta e puntuale gestione in ogni suo stadio, altrimenti si rischia la
disinformazione, quando non il caos dell'informazione.
Questo trattamento
del documento è indispensabile ed è anche costoso; è pur
vero, però che le esperienze estere hanno dimostrato che alcune università
(con le loro infrastrutture hardware e software e le loro competenze e il personale
professionale delle loro biblioteche) e le società professionali (con
la loro esperienza nell'ambito editoriale), anche con il contributo di qualche
editore, sono riusciti a portare avanti iniziative di questo genere.
E' solo l'inizio, ma è promettente. Anche in Italia si incominciano
a vedere esperienze del genere a Firenze, a Lecce, con la nascita di university
press elettroniche italiane, ma si tratta, a differenza degli altri paesi, di
iniziative eccellenti ma singole, dietro le quali manca ancora una coordinata
politica nazionale che si preoccupi del futuro della ricerca e della sua diffusione
in Italia e all'estero.
Un contributo elettronico in attesa di diventare una pubblicazione definitiva, oppure un contributo elettronico non accettato ma che rimane disponibile in rete, in attesa di essere giudicato dalla comunità per essere considerato "una pubblicazione elettronica", deve possedere caratteristiche certe e assai chiaramente definite nella letteratura professionale dell'informazione-documentazione.
E' in corso un dibattito sulla definizione di "pubblicazione elettronica" nella comunicazione scientifica; non è suffiicente, a definire una pubblicazione scientifica, un documento messo in rete e reso disponbile alla comuntià dei pari: per essere tale deve avere delle caratteristiche in parte comuni al suo equivalente cartaceo (registrazione su supporto durevole, validazione scientifica e qualitativa, fissità della forma) e, in parte, caratteristiche peculiari al materiale elettronico (permanenza, immutabilità, accessibilità e recuperabilità nel tempo, controllo della versione, autenticazione e protezione delle versioni da eventuali cambiamenti). Inoltre vengono fatte distinzioni tra la prima pubblicazione (in attesa di validazione e accettazione) e la pubblicazione definitiva (validata scientificamente) che rispettivamente devono essere fornite di particolari specifiche tipiche. (17)
Viene richiesto che la prima pubblicazione, ad esempio, sia dotata di:
Viene, inoltre,
discussa la creazione di grossi archivi elettronici distributi, residenti presso
grandi università o centri di ricerca o di calcolo, o grandi biblioteche
nazionali, per garantire l'accesso permanente a milioni di articoli che potrebbero
non essere pù disponibili presso i server degli editori commerciali tra
un certo numero di anni. Questa è, per esempio, una delle attività
condotte dal CASPUR nell'esecuzione del contratto con alcuni editori per l'accesso
a riviste elettroniche a testo pieno.
L'era elettronica
facilita la comunicazione scientifica diretta, ma la comunicazione scientifica
è un sistema complesso che non può che avvantaggiarsi del nuovo.
Per fare ciò, deve affrontare alcuni cambiamenti strutturali.
Siamo alla vigilia di una grande e inedita rivoluzione nel mondo dell'informazione.
Gli autori, le università, i centri di ricerca, le società professionali,
le biblioteche, gli editori commerciali, tutti coloro che ne sono coinvolti
devono esserne coscienti, e contribuire al suo successo in nome della libertà
e dell'indipendenza scientifica.
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Note
1 - La comunicazione scientifica intesa come contribuito
allo sviluppo della conoscenza, condivisione del sapere con
i propri colleghi, innovazione nella disciplina con il proprio contributo, costruzione
della propria reputazione e avanzamento nella carriera accademica
pubblicando su riviste sottoposte al giudizio critico dei pari.
2
- Tra i motivi per cui gli autori resistono ad usare nuove tecnologie, c'è
la scarsa familiarità con i calcolatori ed i loro programmi e la resistenza
ad acquisirla; grazie ad una tecnologia sempre più orientata all'utente
finale e alla maggiore alfabetizzazione informatica, questo problema sarà
sempre meno rilevante. Inoltre anche le soluzioni di self-archiving prevedono
la sinergia di diverse professionalità: è vero che all'autore
viene richiesto di sottoporre i contributi secondo certi formati, di fornire
una catalogazione e un 'indicizzazione minima del contributo (parole chiave,
codici di sistemi di classificazione, adesso anche metatags, ecc;) ma gli vengono
anche date istruzioni in rete su come procedere nel produrre, inviare, archiviare
il materiale. L'autore viene direttamente assistito via rete in caso di
difficoltà; intanto informatici e specialisti dell'informazione
si occupano di svolgere tutte le attività di autenticazione, manutenzione,
organizzazione, gestione, indicizzazione, validazione, sviluppo per permettere
ai vari documenti residenti nell'archivio di costituire un dinamico luogo di
conoscenza.
3 - Gli innummervoli articoli di Stevan Harnad sulla comunicazione
scientifica e le pubblicazioni elettroniche sono disponibili sull'archivio elettronico
"Copgprint" <http://cogsci.soton.ac.uk/~
harnad/intpub.html> e quelli di Andrew Odlyzko sulla sue pagine web
personali: <http://www.research.att.
com/~amo/doc/eworld.html >
4 - SPARC -Scholarly Publishing and Academic Research Coalition
<http://www.arl.org/sparc>
"Campaign for the Freedom of Distribution of Scientific Work" è
il sito web di un gruppo di scienziati provenienti da diverse discipline
istituito per di sensibilizzazione tra gli scienziati sulla libertà di
distribuzione dei lavori scientifici. Il sito fornisce informazioni sulle novità
nell'ambito del diritto d'autore, relativamente ai contratti con gli editori.
Invita i colleghi a prendere coscienza del problema e a rifiutarsi
di firmare contratti che impediscono la circolazione gratutita dei lavori scientifici
per scopi didattici e di ricerca; si rivolge alle università perché
richiedano che i lavori dei propri docenti/ricercatori siano accessibili
gratuitamente sui server dell'università. Inoltre suggerisce alle istituzioni
di fare a loro volta pressione sui propri dipendenti perché non
firmino contratti che rendono l'accesso troppo restrittivo.
<http://ethology.zool.su.se/freesc
ience/>
5
- Open Archive Initiatives <http://www.openarchives.org>
6 - Ricerca curata dallíALPSP (Association of Learned and Society
Publishers) dal titolo "What authors want: The ALPSP research study on the motivations
and concerns of contributors to learned journals", del 1999 < http://www.alpsp.org.uk/pubs.htm>
7 - In questo contesto archivio pubblico viene inteso nel
senso di archivio gestito da un'isituzione non a scopo di lucro, accessibile
gratuitamente o a un costo minimo, ma per accedere al quale è richiesta
comunque una registrazione dell'utente per garantire un'autenticazione degli
accessi ed una protezione del lavori archiviati.
9 - Stevan Harnad, <http://cogsci.soton.ac.uk/~ harnad/intpub.html>
10
- Scott Bennett, Authors' right, "The Journal of Electronic Publishing",
5(1999)
2 <http://www.press.umich.
edu/jep/05-02/bennett.html>;
Scott Bennett,
"Position paper on Yale University copyright policy" <http://www.library.yal
e.edu/~llicense/bennett.html>;
Stanley Chodorow,
The Faculty, the University, and Intellectual property, "The Journal
of Electronic Publishing", 3 (March 1998) <http://www.press.umich
.edu/jep/03-03/chodorow.html>;
P. Bernt
Hugenholtz, Copyright vs. freedom of scientifc communication, "Learned
Publishing",13, (2000),2, 77-81 <http://www.alpsp.org.uk/volcont.htm>
D.G. Law,
R.L. Weedon, M.R.Sheen, Universities and article copyright, "Learned
Publishing", 13, (2000), 3, pp.141-150 <http://www.alpsp.org.uk/volcont.htm>
William Strong,
Copyright in time of change, "The Journal of Electronic Publishing",
4 (1999) 3, <http://www.press.umich.e
du/jep/04-03/strong.html>
11
- Come ad esempio BiONE, uníiniziativa che prevede la partecipazione da
parte di istituzioni pubbliche e di privati nello sviluppo di una base di dati
a testo completo comprendente un aggregato di riviste scientifiche nellíambito
delle scienze biologiche, dellíambiente e dellíecologia. <http://www.arl.org/sparc/biol/w
hatis.html>
12 - Per informazionsi su RAE: < http://www.rae.ac.uk/AboutUs/def
ault.htm >
La rivista Policy Perspectives ha dedicato al tema una parte del saggio ìTo
publish or to perishî, Policy Perspectives, vol. 7, n. 4, March 1998. Alla stesura
di questo documento hanno contribuito líAssociation of Research Libraries, LíAssociation
of American Universities e la Peer Higher Education Round Table.
<http://www.arl.org/scomm/pew/p
ewrept.html.>
13 - Stevan Harnad, Free at last: the future of peer-reviewed journals, "D-lib Magazine" 5 (1999) 12, <http://www.dlib.org/dli b/december99/12harnad.html>
14
- Un esempio del "giudizio dei pari" gestito elettronicamente e quindi
con una riduzione dei tempi è quello del Jounal of High Energy Physics
della IOP/SISSA http://www.ioppubli
shing.com/Journals/nfa/node84.html una delle prime riviste a
gestire attraverso posta eletronica il processo del peer review in cui
l'assegnazione delle revisione degli articoli viene affidata elettronicamente
tramite un software sulla base di parole chiave; durante tutto il processo
editoriale, gli autori, i redattori e i referees hanno accesso agli articoli
in tempo reale.
E' inoltre interessante vedere la filosofia del nuovo archvio di e-print
nell'ambito biomedico PubMedCental e delle sue posizioni
< http/pubmedcentral.nih.gov>
15 - Ricerca curata dallíALPSP (Association of Learned and Society Publishers) dal titolo "What authors want: The ALPSP research study on the motivations and concerns of contributors to learned journals", del 1999 < http://www.alpsp.org.uk/pubs.htm>
16 - Antonella De Robbio, Evoluzione e rivoluzione dei periodici elettronici, "Bibliotime.Rivista elettronica per le biblioteche", 3 (2000) 1, < http://spbo.unibo. it/bibliotime/num-iii-1/derobbio.htm>
17
- A questo proposito consultare la proposta: " Defining and certifying electronic
publication in science. A proposal to the International Association of STM Publishers.
Originally drafted October 1999, revised March and June/July 2000", prepared
by an Interanational Working Group
< http://www.aaa
s.org/spp/dspp/sfrl/projects/epub/define.htm >
Dott.ssa
Paola Gargiulo
CASPUR (Consorzio Interuniversitario per
le Applicazioni di Supercalcolo per Università e Ricerca)
c/o CICS Universita' di Roma "La Sapienza" Piazzale Aldo Moro 5 00185 ROMA
Telefax 06-4957083, e-mail: gargiulo@caspur.it